CONCERTO di Igino Maggiotto
Non sarà facile convincere i lupatotini che Igino Maggiotto è poeta. Questo non perché la sua poesia non conti niente, ma per il semplice motivo che da anni lo vedono in tutt'altre faccende affaccendato. Dopo la caduta della prima repubblica (ne abbiamo sentito solo il chiasso), è stata sua l'idea di formare un gruppo di "volontari" e portarli a occupare le sedie municipali lasciate deserte dai partiti. Ma, come è nel suo carattere generoso, non ha preteso il primo posto, lo ha lasciato ad un amico da lui stesso scelto che, insediatosi per la seconda volta, lo licenziò sui due piedi. Sono vicende che appartengono alla storia del nostro paese, e Igino le ha vissute con una interiore sofferenza, perché uomo di particolare sensibilità: ne è una prova la sua poesia. Dalla prima composizione pubblicata da Vita Veronese nel 1963, all'ultima di qualche mese fa. Si tratta di un arco di tempo di quarant'anni, una vita si può dire, dal ragazzo scavezzacollo educato a Verona (frequenta l'aristocratico ed esclusivo Liceo Maffei), alla giovinezza rockettara, animatore di balere paesane, abile fisarmonicista, allievo del mitico maestro Sprea...
Dino Coltro
pp. 88 - 7,75 EURO
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Igino Maggiotto nasce il 21 luglio 1941 a san Giovanni Lupatoto (Verona), dove tuttora vive e lavora. Essendo venuto al mondo sopra un'osteria, in una tipica corte promiscua, vive un'infanzia intensa, a contatto con intere bande di bambini-monelli che giocano fra i tavoli all'aperto, dove vengono continuamente ricordati gli anni della guerra appena finita e commentati i convulsi avvenimenti del dopoguerra. A otto anni incontra il Maestro Sprea che gli insegna a suonare la fisarmonica, a pensare con la propria testa e capire il valore della libertà. Alla scuola media "Betteloni" di Verona ha il primo contatto con la città. Dopo le medie frequenta il Ginnasio-Liceo "Scipione Maffei". L'aristocratica scuola veronese è decisiva per la sua formazione umanistica, ma gli fa anche prendere coscienza che il carattere elitario di quella società è lontanissimo dalle sue origini paesano-operaie.