collana POESIA
La collana POESIA CONTEMPORANEA della Bonaccorso Editore si differenzia nel panorama dell'editoria di qualità per l'attenzione rivolta ai poeti esordienti e meno conosciuti del panorama nazionale, prediligendo silloge e raccolte di poesie in vernacolo veronese e veneto.
Oh, voglio ballare,
come mai ho ballato!
Affinché Dio non si senta dentro me uno schiavo nel carcere incatenato.
Tu Terra, dammi ali
voglio essere un dardo, per trafiggere lo spazio sconfinato,
per non vedere accanto che il cielo, sopra di me il cielo,
e cielo sotto...
ballare folgorato da inauditi slanci
affinché Dio liberamente dentro me respiri e non borbotti:
"Son uno schiavo nel carcere!"
Mi piace pensare che tu già mi cantasti nell'alone di luna che sbocciava nel buio nelle biglie di luce che sbocciavano il buio che nell'effluvio di impulsi di un Tempo del Sogno tu già mi cantasti, come tra i contrasti dei deserti australiani si creava il Mondo.
E che la pagliuzza dorata sul fondo
asciutto delle mie iridi verdi, di un sorriso la ruga, quei miei tre piccoli nei sulla tela di un polso
li abbia fatti esistere una voce.
Riempie d'infinito il solo guardarti,
nel mese che in dono
porta le rose sotto i cieli
dove Venere raccoglie...
Forza sovrumana il tuo spirito.
Nutrice, anima e fuoco,
braccia che accolgono,
mani calde da Dio benedette
sempre pronte a dare.
Carezza inaspettata, indissolubile
sostieni e avvolgi
con connaturato amore,
grande così
da non poterlo segregare...
... ... ...
I s'à dato un nome
che sona armonia,
quei del grupo
insieme in poesia.
Al luni, ghe piase caminar
in montagna
e tra na ciacola e un impegno
i se scolta su quel che i gà
scrito con ingegno.
Na volta al mese
i se cata al grupo ansiani,
par presentar un libro,
qualche verso de poesia,
maurar conossensa e armonia.
... ... ...
"Tra le definizioni, tutte diminutive, di sé che Nicola dissemina a piene mani in queste pagine persuade, e affascina, più di ogni altra quella del vecchio norcino,/ ad insaccare frasi, in una sorta di pesca a strascico nella sua memoria di strenuo lettore onnivoro: I miei maîtres à penser li ho raccattati qua e là senza nessun criterio vero. Per buona parte autori di canzoni, poeti, romanzieri, raramente filosofi, scienziati qualcheduno. Tutto quel che il disordine curioso della mia mente mi spinge a indagare con diletto infantile.
Viole fra i capelli
mi guardi
oggi vivrò in eterno.
Stelle rotanti
atomi di passato.
Com'è reale la tua mano.
Più anima di te ha questa pietra
è lucida armonia senza orpelli.
Non mente, non tossisce, è cosa salda
neppure va dicendo frasi ovvie.
Non muore, non mi lascia, beve il sole
mi scalda - riparo di lucertola.
Le vostre voci mi abbracciano
ma io vorrei
le vostre mani sul viso.
Non basta mai la felicità.
Figli di figlia, lei unica,
immensa più della terra tutta...
Ognuno di voi l'attraversa col proprio nome.
Ognuno di voi...
oceano mare di sguardi
corse di animali in fuga
prati ricchi d'erba, alberi e fiori
... ... ...
Questa sera i ricordi sembrano pezzi di vetro
che anche se li accarezzi fanno davvero male
come le lacrime che tornano indietro
come la solitudine nel giorno di Natale.
Bruno Stillo
Vie strette e silenziose,
in fondo una piccola piazza,
sono appassite tutte le rose
nel vaso di quella terrazza.
Dove sono ora quei bambini
che giocavano sempre fuori...
Pino Stillo
Non sono un vagabondo dell’aria,
appartengo alla terra che ho calpestato,
ai sapori che mi hanno nutrito,
alla terra feconda, arata e seminata,
alla terra sterile che ruba il sudore dei poveri,
alla terra ove matura il grano mietuto a mano
nelle lunghe giornate estive.
Appartengo ai lunghi e freddi inverni,
...
A uno a uno
come coi bilietini de la pesca a le sagre,
se descartossa i giorni
sensa saver cossa te cati drento:
’na sorpresa tirà fora a seraoci.
Gh’è mile robe sconte che ven su.
Mile regai da gòdar
col cor imboressà de sogni...
o pache frachè
podarea tocarte in sorte,
e no te pol tegnerli serè
par paura del destin:
i è storie da vìvar,
le nostre storie...
Voglio il tuo abbraccio,
le tue carezze, i tuoi baci.
Voglio sentire il tuo respiro
sulla mia vita.
Voglio sentire la tua vita.
Voglio.
E non riesco a respirare,
perché il vento freddo della morte mi sta soffocando.
le tue carezze, i tuoi baci.
Voglio sentire il tuo respiro
sulla mia vita.
Voglio sentire la tua vita.
Voglio.
E non riesco a respirare,
perché il vento freddo della morte mi sta soffocando.
Ora so, che non ci sei più.
Ora so, che il tuo sorriso
si è dissolto nell’universo.
... ... ...
Ora so, che il tuo sorriso
si è dissolto nell’universo.
... ... ...
La mano di Cangrande,
signore di Verona,
sostiene la penna di Dante
nel suo esilio fiorentino.
Archi scaligeri ricevono il sommo poeta
e gli donano il riparo
che la disputa tra guelfi e ghibellini gli hanno strappato.
Anelato paradiso che trascrive la tua poesia,
canto al signore che la tua lettera salva.
Oh, signori della piazza!
Lasciatelo per sempre in libertà.
Riempio i miei occhi della tua immagine sofferente
ed ogni lineamento del tuo viso
si distende in un sonno leggero,
dove il dolore è assopito, ma ancora presente.
Tu Mamma eri la nostra quercia
sotto le cui fronde ci riunivamo,
legati stretti dal tuo amore.
Eri la nostra forza,
l'esempio incredibile da seguire,
la figura vera del nostro cammino.
La nostra ricchezza,
la lucentezza del percorso
che ci avevi insegnato a scoprire [...]
È la tua voce
la parola che dici.
È la tua voce che pretende poesia
è la tua, la mia.
La tua voce che dà forza ai vinti
la tua voce che consola i respinti
la tua voce che piange gli assenti.
La tua voce e la poesia
è la tua, la mia.
La tua voce con il suo colore
il fuoco, nelle tue parole.
Tu e la poesia, come due sorelle
così a guardare la vita.
Ribelle...
E mi cerchi
sotto il freddo mantello.
Lo so, sono gli ultimi respiri
e tu non sai se tornerò da te.
Ma caldi vagiti
sussultano sul fremito freddo
della mia figura.
Sono gli ultimi respiri
e non so rinunciare a te.
A te.
Non lasciare la mia mano.
Non so camminare.
Ascolta.
Si alza l’aria di una canzone
che scintilla di luce
nelle acque benedette.
Lascia che il silenzio parli al cuore,
che ogni tuo passo ti porti a me,
apriamo insieme stanze chiuse,
senza antiche paure.
Apri le tue labbra, e ti giuro mi piaci,
di esili respiri è adorna la sera,
ora i tuoi occhi son vivide braci,
e le tue guance prati dove correvamo a primavera,
le tue mani son sporte colme di doni,
ma adesso per favore taci,
le mie labbra giacciono inermi,
ormai dimentiche dei tuoi baci.
L’alba devasta i muri della notte
con lame luminose
e inizia a costruire il nuovo giorno.
Sorpreso si ridesta
chi s’era allontanato da se stesso
nelle spire avvolgenti
del tempo enigmatico dei sogni.
La vita ci riafferra
quando il sole rifulge sulla pelle:
risveglio quotidiano
sui sentieri precari della terra.
Innocenti sono i bambini
ma più innocenti i vecchi dei bambini.
Il mulino del tempo li ha macinati,
giorno dopo giorno,
come olive nere nel frantoio...
Quando trapasserò adagiatemi
sulla coltre rosa dell’aurora
verso il sole nascente.
E nelle mani mettetemi un lapis
perché scriva ancora l’ultimo verso,
prima di varcare la sponda
incontro all’eterna Poesia!
E la memoria scorre come fiume
nel mezzo di confusi sentimenti,
finalmente partecipe di quanto
avevo tralasciato di pensare:
che quale dura prova sottoposti
miei tali genitori nel passato.
Ed è strano che voglia così tanto
tempo quel rendiconto di finale,
capendo sol da grande i sacrifici
sopportati per crescere dei figli.
Madre,
voglio ricordarti sempre.
Anche allora ti pensai straordinaria
e adesso come sono veri quei ricordi!
Non voglio copiare dai poeti
che la gente dice strani.
Anch'io sarei strano se desidero ricordarti così.
Anch'io appartengo a quei poeti,
ma lo preferisco.
Io sento di dirti qualcosa.
Qualcosa che ho tenuto sempre con me,
ma che tu sai.
E' tra le tue pieghe morbide
che ritrovo la mia giovinezza
nei tuoi pensieri liberati nel sonno
nei sussurri detti piano
sotto le lenzuola di lino
è nella seta delle tue carni
che profumano della schiuma del mare
che mi ritrovo ricco della mia vita,
nella bellezza del tuo volto
che mi riscopro incredulo,
mai sazio di guardarti.
Ho sete delle tue carezze.
La mia superficie più morbida
del ricercato velluto, accoglierà
senza riserve ogni tuo desiderio muto per farti sognare ancora…
È ora.
Ogni amore dovrebbe essere coltivato:
giorno per giorno
notte per notte, in tutti i tempi
e le stagioni.
Vieni da me.
Abbracciami…
Ho bisogno del tuo calore.
Guardami! Guardami bene.
Vorrei che tu mi amassi tutta!
Amare non stanca
Aimer ne fatigue pas
Aimer ne fatigue pas
Un gabbiano avanza con difficoltà
sulla sabbia bagnata.
Così è la nostra vita al suo termine.
L'acqua del mare racchiude il mistero
il segreto della vita.
L'aria iodata penetra
l'essere nostro.
Il gabbiano è alla ricerca
di un senso per orientarsi…
ma tu pensi, mamma,
che la vita non ha senso.
di un senso per orientarsi…
ma tu pensi, mamma,
che la vita non ha senso.
Il portone chiude alle mie spalle.
Davanti a me il giorno di tutti i giorni grigi e i rumorosi motori semafori gente case e ancora case. Ma mille e ancora mille vanno le orme tra capitelli, colonne, affreschi, putti qui in alto volano le statue alate nel cielo della Chiesa del Paradiso poi il labirinto del Giardino Giusti la balconata di Santa Maria in Organo di là il rosso campanile di Sant’Anastasia e dopo il bianco del campanile del Duomo e la cupola grigia di San Giorgio e Santo Stefano ottagonale qui sale la pietra del Teatro Romano ...
Il portone chiude alle mie spalle.
Davanti a me il giorno di tutti i giorni grigi e i rumorosi motori semafori gente case e ancora case. Ma mille e ancora mille vanno le orme tra capitelli, colonne, affreschi, putti qui in alto volano le statue alate nel cielo della Chiesa del Paradiso poi il labirinto del Giardino Giusti la balconata di Santa Maria in Organo di là il rosso campanile di Sant’Anastasia e dopo il bianco del campanile del Duomo e la cupola grigia di San Giorgio e Santo Stefano ottagonale qui sale la pietra del Teatro Romano ...
Mangiavamo un po' di pane e lardo prima di andare a letto,
I bambini già addormentati,
E infilavo le dita sotto la sua camicetta,
E lei rideva, dicendo "dai, fermati",
Ma era solo uno scherzo.
Facevamo l'amore lì in cucina
Davanti al focolare, la luna luccicante
Attraverso la finestra.
La amavo davvero.
Non è più così oggi. I tempi sono cambiati.
Penso che non saranno mai più come prima.
Fammi guardare i tuoi occhi,
così profondi, così veri,
così chiari di purezza che mi spaventano quasi.
Dammi le tue mani,
così forti, così leggere,
così calde e profumate da darmi sicurezza e forza.
Lasciami fare, permettimi di toccarti,
lascia che ti accarezzi, che ti contempli,
lasciami realizzare un quadro di te,
perché resti nel tempo e non vada mai perso.
Lasciami prendere le cose che posso rubarti,
anche il respiro, anche il pensiero.
Esitavo, il cuore in gola
nell’attesa che tu apparissi
nel vano della porta semiaperta.
(Non ti vedevo da una vita).
Di colpo sovrapposi al viso
segnato più dal pianto che dal tempo, quello fresco e chiaro dell’adolescenza, di un mondo di vicende condivise.
Vi trovai la mestizia dello sguardo.
In quell’istante s’annullò un grande vuoto d’anni. Con chiarezza seppi che non avevo amato invano.
… e scrivo, e scrivo – e non so come uscirne!
Tu non hai scritto di te, del mondo, dell’amore
che nel tuo cuore albeggiava.
Solo una piccola lettera accorata
per una mia partenza verso il collegio che ci allontanava.
E sopra il tuo violino
note disciolte sul pentagramma,
lucciole spente nel mattino.
Ho posato la lettera e la musica a corona fra i silenzi che parlano,
nell’ombra della pietra rosa di Verona
La funebre orazione di Moravia
mi giunse più tombale del silenzio:
accettata del poeta la sua morte.
Avvolta nel rimpianto la Morante:
prigioniera dei demoni femminei
e del materno schiaffo inconciliato.
Il bronzo delle facce del Palazzo
esteso sulle penne cortigiane.
Il pianto sul faccione della Betti
e quello disadatto dei coatti
mi parve che sfiorisse nella piazza,
travolto dalla calca e dal sudore.
Padre.
Così devo chiamarti, nominarti?
Dovrei sentire ancora
l’odore del tuo pane e caffellatte
nel cucchiaio, me
sulle tue ginocchia ad assorbire
per un istante ancora il tuo calore
prima del tuo andare a bottega?
O ammirarti dovrei col tuo cappello
grigio e il bel bastone chiaro
per il passeggio domenicale?
Padre.
Come dimenticare
d’essere ormai coetaneo
della tua ultima età.
Le basse le me stòfega.
No’ l’èra coésto ’l me destin.
Daromài, son qua, e così sia!
Ma ’l me cor ’l galòpa
so le ale dei ricordi
e ’l sgóla su al me paese,
’n montagna,
’n medo ai prè pieni de madéngo,
a spiar ’l sbisegàr as-ciò dei segàti
e le lónghe ciaciaràde
dei quajoti ’namorè
che le se smissia col matutin
che le lòdole ghe canta al sol.
... ... ...
Quando me stiga el vìvar
e giassè crussia le ore
postè lí sensa tempo,
orea verghe
le mane de fèro dela gramegna
che se ten tacà a la tera
sensa molàr,
spetando da nóo primaera.
Orea anca mi
onge dure
che sgrafa fondo
par tacarme stesso a la vita,
anca se ven zó griso el giorno,
e no lassarla 'ndar a la longa
ciapà nei gorghi fondi del canal.
... ... ...
Feliçità...
de pìsseghi de pólvar de farfala
'dèsso deventà stele
cusì grandi
da sgombiàr contro i bórdi
de l'universo.
'Na tòla co' 'na giostra de possade.
Dó manine slongade a furegàr
su'na toàia.
Parole rimbalsade a scapussàr
su quaderni e zugàtoli par tera
sparpajà come fóie de setembre
tra 'n tornichè de giorni
ch'i èra vita.
... ... ...
Ora sono più vecchio di mia madre.
Mia madre è morta giovane.
Non aveva mai bisogno di niente,
non era mai stanca,
non sentiva mai freddo,
non aveva mai fame,
non accusava mai un dolore,
non chiedeva mai niente per sè:
un abito nuovo, un regalo,
un gesto di riconoscenza,
chiedeva soltanto di non vederci soffrire.
... ... ...